Visualizzazione post con etichetta elettricità. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta elettricità. Mostra tutti i post

giovedì 2 maggio 2019

Fusione nucleare, un primo passo è stato compiuto

Con l'aumentare dei gas serra e l'insostenibilità dei combustibili fossili è ormai chiaro che bisogna ripensare l'energia del futuro anche perchè la richiesta energetica è sempre maggiore, ma le fonti alternative come l'eolico ed il fotovoltaico stentano a crescere di pari passo. Le politiche applicate alle centrali termonucleari sono invece controverse, esistono paesi, come l'Italia, che sono assolutamente contrari e paesi che invece stanno costruendo nuovi reattori, tuttavia i rischi legati a questa tecnologia sembrano troppo elevati e la produzione di scorie radioattive difficili da smaltire resta un grosso problema.
Simbolo dell'energia nucleare
Una possibile soluzione alle crescenti necessità energetiche e ambientali arriva da una cooperazione scientifica internazionale che, a cavallo tra la Francia e la Cina, ha già compiuto non uno, ma ben due passi verso l'energia pulita del futuro.
Quello di cui si parla è un nuovo modello di reattori nucleari, capaci di generare elevatissime potenze ma senza la produzione di scorie radioattive e senza rischio di catastrofi come quelle di Chernobyl o di Fukushima, questi reattori nucleari sfrutterebbero infatti la fusione nucleare e non più la fissione nucleare.
Purtroppo i tempi di realizzazione del progetto sono ancora lunghi, si parla infatti di un primo impianto a fusione nucleare solo nel 2030, ma del resto il progetto è ambizioso, la fusione degli atomi leggeri di idrogeno si verifica solo a centinaia di milioni di gradi e per poter produrre energia deve poter durare nel tempo, al momento è stata raggiunta una temperatura di cento milioni di gradi in un primo test ed una durata di poco più di un minuto e mezzo nel secondo test, ma si calcola di dover arrivare a centocinquanta milioni di gradi e di poter mantenere questa temperatura costante per tempi "indefiniti".

mercoledì 5 dicembre 2018

Grafene, il materiale del futuro

Il grafene è un materiale nato per caso e che è valso, ai due ricercatori che lo hanno scoperto, il nobel per la fisica nel 2010.
È composto interamente da atomi di carbonio, proprio come la grafite ed i diamanti, ma le sue proprietà sono uniche.
Quando gli atomi di carbonio si dispongono in modo casuale si ottiene la grafite, se si dispongono in modo ordinato si ottiene il diamante, il grafene invece ha gli atomi di carbonio disposti in modo ordinato ma ha lo spessore di un solo atomo e quindi considerato un materiale 2D.
Le proprietà di questo materiale sono ancora in fase di studio e sono talmente tante che, in ambito europeo, è nato un team per coordinare le aziende e gli enti che ne fanno ricerca e sviluppo.
Struttura esagonale come quella del grafene
Ecco alcune incredibili proprietà di questo materiale del futuro:


  • È resistente come il diamante e flessibile come la plastica, per questo motivo è stato usato per realizzare racchette da tennis e copertoni di biciclette.
  • Conduzione del calore, acquisita grazie alla sua bidimensionalità, è in grado di reggere a elevate temperature.
  • Conduzione di elettricità, grazie alla quale è stata realizzata una lampadina ad incandescenza sostituendo il tungsteno originariamente impiegato con una striscia praticamente invisibile di grafene.
  • Il grafene è ottimo per sostituire semiconduttori, la IBM ha eseguito alcuni test dopo aver creato transistor al grafene raggiungendo velocità di 100 GHz e di 155 GHz, mentre i normali transistor al Gallio arrivano a velocità di 40 GHz.
  • In alcuni dispositivi elettronici di fascia alta vengono installate batterie al grafene, decisamente più durature e performanti di quelle agli ioni di litio.
  • Uno strato monoatomico di grafene può assorbire il 2,3% della radiazione luminosa, uno strato di silicio di uguale spessore né assorbire be appena lo 0,03%.
  • Il grafene, se deformato a formare delle creste, può legare a sé l'idrogeno; semplicemente eliminando le stesse creste è poi possibile liberare nuovamente il gas.
  • Essendo possibile praticare fori piccolissimi, una strato di grafene può scindere l'acqua dal sale funzionando come una membrana dell'osmosi inversa.
Pensando che queste sono solo alcune delle incredibili proprietà di questo materiale, immaginate quanto il grafene farà parte della nostra quotidianità in futuro!

martedì 20 novembre 2018

Le turbine

Le turbine sono macchine molto versatili, trovano impiego in motori a getto, motori turbocompressi e impianti di generazione di energia elettrica.
I primi esempi di turbine nella storia potevano essere i mulini a vento ed i mulini ad acqua.
In uno schema molto semplice infatti, la turbina è composta da una parte fissa chiamata stadio o statore ed una parte mobile chiamata girante o rotore, passando, il fluido, cede energia alla girante mettendola in movimento.
Le turbine assumono poi nomi diversi se impiegate per svolgere il lavoro inverso, infatti possono essere impiegate per cedere energia meccanica ad un gas (compressore) o ad un fluido (pompa).
Immagine 3D di turbina Wells

Esistono diversi tipi di turbine ovviamente, ognuna con particolarità ed applicazioni diverse

  • Turbina Pelton, molto utilizzata su impianti idroelettrici con portata contenuta.
  • Turbina Francis, la classica turbina a chiocciola.
  • Turbina Kaplan, ideale per salti idrici contenuti ma con grande portata.
  • Turbina a bulbo, un tipo di turbina Kaplan con la girante inserita direttamente nella condotta.
  • Turbina Curtis, adatta per impianti a vapore, vantaggiosa grazie a dimensioni contenute e la possibilità di regolazione.
  • Turbina di Tesla, caratterizzata dall'assenza di palette sulla girante che invece è semplicemente un disco con superficie ruvida.
  • Turbina Banki, la palettatura è parallela all'asse, molto usata negli impianti di condizionamento e trattamento aria.
  • Turbine VLH, nate nel 2003 in Francia, sono turbine nate per salti idrici molto contenuti.
  • Turbine Wells, la loro particolarità è quella du ruotare nello stesso senso anche invertendo il flusso. Anche le turbine a bulbo possiedono questa proprietà.
Le turbine Wells sono oggi utilizzate per nuovi impianti di generazione elettrica, questi impianti sfruttano le maree e sono chiamati mareomotrici.

martedì 16 ottobre 2018

Il "salvavita"

Comunemente chiamato salvavita, in realtà questo è il nome commerciale di una specifica casa di produzione dato ad un componente elettrico.
Questo componente si chiama in realtà Interruttore MagnetoTermico Differenziale.
Foto di interruttore magnetotermico differenziale

Questo è composto da due diversi moduli, la parte magnetotermica e la parte differenziale ed i muduli si possono trovare anche separati ovvero solo interruttori magnetotermici o solo interruttori differenziali.
Il modulo magnetotermico offre protezione da sovraccorrente, problema che può verificarsi per due diversi motivi:

  • Se al momento vi sono troppi carichi attivi sarà richiesto un passaggio di corrente elevato e questo farà intervenire l'interruttore che, grazie al principio termico ovvero una lametta bimetallica che con il calore si dilata piegandosi, aprirà il circuito.
  • Se in un qualunque punto dell'impianto, anche dentro un elettrodomestico, si verifica un cortocircuito, l'interruttore interviene aprendo il circuito grazie al principio magnetico ovvero avvolgimenti di rame attorno ad una asticella metallica che generano un campo magnetico attirando una sicura la quale a sua volta fa scattare una molla.
Questi componenti sono molto diffusi, gli stessi contatori per l'energia elettrica sono dotati di interruttore magnetotermico.

Gli interruttori differenziali sono invece previsti ed obbligatori per legge in Italia per gli impianti civili, questi offrono protezione da dispersione, guasti che possono portare alla morte per fololgorazione.

mercoledì 5 settembre 2018

Il più grave black-out italiano

Non so quanti di voi lo ricordano, ma il più grave black-out della storia in Italia fù quello del 28 settembre 2003.
Saetta simbolo di elettricità sotto simbolo di divieto
Erano circa le 3:00 del mattino e la rete italiana stava importando il 25% del carico totale.
La catena di eventi che portò al black-out totale ebbe inizio per causa di un albero che, essendo troppo vicino ad una delle due reti ad altissima potenza provenienti dalla Svizzera, provocò un arco elettrico scaricando a terra e mandando in protezione la linea.
A questo punto tutta la corrente proveniente dalla Svizzera si riversò sull'unica altra linea disponibile sovraccaricandola e mandando in protezione anche questa.
Gli operatori svizzeri chiesero dunque al gestore di rete italiano di ridurre i consumi di 300Mw, alle 3:21 la rete italiana rientrò nei consumi contrattualizzati con la Svizzera, ma pochi minuti dopo la richiesta di corrente ricominciò a salire.
Alle 3:25 entrambe le linee ad altissima potenza si staccarono nuovamente, una per scarica a terra e l'altra per sovraccarico.
Non potendo più importare corrente dalla Svizzera, tutto il carico richiesto dalla rete italiana andò sulle linee di collegamento con la Francia, ma anche queste andarono in sovraccarico e gli interruttori di protezione si aprirono.
Da qui partì un conto alla rovescia di 2 minuti e 30 secondi al termine dei quali si ritrovò al buio tutta la nazione.
Cominciarono infatti diversi sbalzi di tensione su tutta la rete e la frequenza nominale che è di 50Hz cominciò a scendere.
Entrarono in atto i diversi livelli di protezione dettati dal gestore italiano:
1 Si staccaronno le stazioni di pompaggio e le linee di esportazione verso Austria e Slovenia.
2 Vennero diminuiti i consumi e richiesto alle centrali di aumentare la produzione.
3 Le centrali idroelettriche e termoelettriche che non riuscirono ad aumentare velocemente la produzione furono isolate dalla rete.
4 Infine sopravvenne il distacco totale delle centrali elettriche ed il conseguente collasso della rete.
Il black-out fu risolto gradualmente ed in tempi molto lunghi, alle 9:00 era stata ripristinata la situazione in nord Italia, tra le 16:00 e le 17:00 in centro, alle 19:00 al sud, infine alle 22:00 fu ripristinata la situazione anche in Sicilia.
Solo la Sardegna si salvò dal peggior black-out della storia d'Italia in quanto ell'epoca godeva di una propria rete elettrica indipendente.

lunedì 20 agosto 2018

Energia Solare

Alla continua ricerca di fonti energetiche alternative al petrolio, illimitate e senza impatti ambientali, una delle migliori soluzioni resta quella dell'energia solare.
In realtà il concetto di energia solare è generale, la nostra stella infatti fornisce energia alla Terra inviando due risorse preziosissime, ovvero il calore e la luce.
In base a quale delle due risorse venga utilizzata, l'energia solare assume nomi diversi, solare termico se si sfrutta direttamente il calore, solare fotovoltaico se invece viene sfruttata la luce.

Solare termico

In entrambi i casi l'energia solare viene "catturata" tramite pannelli, il meccanismo più semplice è quello del solare termico in quanto non avviene alcuna trasformazione ma solo un trasferimento di energia sotto forma di calore dal sole all'acqua.
Pannello solare termico a energia solare
La tecnologia del solare termico prevede un pannello contenente una serpentina ed un serbatoio adiacente, il calore del sole si trasferisce all'acqua presente nella serpentina e viene stoccata nell'accumulo.
Quando viene richiesta acqua calda, questa esce dall'accumulo ed al suo posto entra acqua fredda che verrà successivamente scaldata dalla serpentina.
Una applicazione simile avviene nelle centrali elettriche a concentratori solare di cui parlo in questo articolo.

Solare folovoltaico

I pannelli fotovoltaici, a differenza di quelli solari termici, catturano la luce e la trasformano in energia elettrica.
Pannello fotovoltaico a energia solare
Sono insiemi di componenti elettronici a semiconduttore facenti parte della famiglia dei diodi, questi svolgono la funzione inversa dei LED ovvero trasformano la luce proveniente dal sole in energia elettrica.
La tensione di uscita dei pannelli fotovoltaici dipende dalle dimensioni del pannello stesso e da come viene installato, fondamentale è infatti l'irragiamento ovvero l'esposizione al sole.

mercoledì 15 agosto 2018

Le pale eoliche

Le pale eoliche sono generatori elettrici che trasformano l'energia cinetica di una massa d'aria che si sposta in elettricità.
Il nome tecnico delle pale eoliche è in realtà aerogeneratori, sono composte da quattro elementi, la torre, la navicella o gondola, il rotore e le pale.
Per dare qualche dimensione indicativa, le torri sono alte circa 100/110 metri normalmente, ma possono arrivare a 180 metri di altezza.
Pala eolica sottovento, aerogeneratore
Le pale variano invece dai 30 ai 60 metri di lunghezza.
La navicella, chiamata anche gondola, può ruotare di 180 gradi così da rimanere sempre perfettamente parallela al flusso del vento permettendo alle pale di avere sempre la massima resa.
Non è necessaria una rotazione maggiore della navicella in quanto gli aerogeneratori possono lavorare sia con vento a favore, sia con venti contrari.
Pala eolica sottovento, aerogeneratore
Perchè le pale eoliche possano funzionare i venti devono essere almeno intorno ai 4 mt/s, la loro resa ideale è con venti compresi fra i 12 e i 15 mt/s e la velocità massima dei venti deve essere di 25 mt/s.
Quando il vento che colpisce la pale dell'aerogeneratore è superiore ai 25mt/s un freno all'interno della navicella interviene bloccando il rotore per motivi di sicurezza.
Sempre all'interno della navicella si trova il "moltiplicatore", una serie di ingranaggi che consente di avere un numero di giri superiore rispetto a quelli del rotore, questo serve per garantire la corretta frequenza della corrente alternata che viene generata dalle pale eoliche anche con venti deboli e bassi giri del rotore.
In Europa la frequenza della corrente alternata è di 50Hz, negli Stati Uniti la frequenza è invece di 60Hz.
Le pale eoliche più diffuse sono quelle ad asse orizzontale, cioè con il rotore rivolto nella direzione del vento, questo richiede ovviamente il corretto orientamento delle pale stesse in fase di montaggio, esistono invece aerogeneratori ad asse verticale, questo consente di non doverle orientare.
Due aerogeneratori di un parco eolico
Difficilmente si trova un solo aerogeneratore, generalmente ne vengono montati e collegati a decine formando i parchi eolici.
Per chi volesse dotare una casa o un capannone industriale di un impianto eolico certamente sarebbe difficile collocare una torre alta cento metri e pesante diverse tonnellate sul proprio tetto, per questo è nato il "mini eolico", pale eoliche di piccole dimensioni che possono essere montate su un cornicione e collegate in rete con lo stesso schema degli impianti fotovoltaici.

lunedì 9 luglio 2018

Produrre idrogeno da elettrolisi dell'acqua

La produzione di idrogeno su larga scala si ottiene oggi principalmente dal trattamento dei combustibili fossili, questo perché è il metodo più efficiente per farlo, peccato solo che non sia esattamente una produzione ambientalmente sostenibile.
Tuttavia altri metodi, anche se meno efficienti, esistono e sono decisamente più "green".
Anzitutto l'idrogeno è l'elemento più diffuso sul pianeta, in particolare nell'acqua, legato chimicamente all'ossigeno.
La produzione di idrogeno a partire dall'acqua consente a sua volta più metodi per l'estrazione, quello chimico, combinando l'acqua con altre sostanze, quello biologico, alcune alghe ad esempio riescono a separare l'idrogeno dall'ossigeno e infine si può ottenere idrogeno dall'acqua tramite un processo chiamato elettrolisi.
Quest'ultimo procedimento per la produzione di idrogeno è in particolare uno dei più semplici.
Schema dell'elettrolisi dell'acqua per la produzione di idrogeno
Due contenitori di forma cilindrica, collegati insieme nella parte bassa come nel principio dei vasi comunicanti, sul fondo dei cilindri viengono inseriti due elettrodi in platino. A questo punto basterà fornire agli elettrodi una corrente a bassa tensione (12V) per scindere l'idrogeno dall'ossigeno.
In particolare, in cima al cilindro a cui è collegato il positivo, si libererà l'ossigeno, mentre l'idrogeno sarà in cima al cilindro collegato al polo negativo.
Per la produzione su larga scala il processo di elettrolisi viene alimentato da parchi eolici o fotovoltaici, ma non solo; poichè il processo è il 50% più efficiente se si usa acqua ad alte temperature, alcuni reattori nucleari sono progettati per produrre idrogeno durante il loro funzionamento avendo acqua di raffreddamento a circa 1000 gradi centigradi.

venerdì 15 giugno 2018

I chip LED

Esistono LED di diverse forme e misure, ognuno adatto per scopi diversi, in elettronica ad esempio si usano i bulbi LED, in illuminotecnica invece, per creare luci decorative sono molto usate le stripLED, ma per creare luci molto forti come faretti o pannelli i più usati sono i chip LED.
Spessi pochi millimetri e con una base di pochi centimetri, su questi componenti vengono realizzati microcircuiti di LED, hanno potenze che vanno dai 10 ai 100 Watt proiettando un fascio di luce fino a 120° di apertura.
Un chip LED a 12V
 Il grosso problema di questi componenti è dato purtroppo dalla dissipazione del notevole calore che producono, usando un chip LED senza un' adeguata dissipazione del calore questo starà acceso per pochi secondi prima di bruciarsi completamente.
La dissipazione del calore è di tipo statico per evitare ulteriori consumi delle ventole e la tipica rumorosità delle stesse, questo però significa avere dissipatori più grandi e pesanti con effetti su tutta la lampada.
Altro problema dei chip LED è dato dalla loro alimentazione: necessitano di 12V di alimentazione ma, per evitare sfarfallii della luce, devono essere pilotati in corrente.
Significa che i normali alimentatori a 12V stabilizzano la tensione in uscita "aggiustando" la corrente, per i LED servono invece dei driver specifici che in uscita danno una tensione di circa 12V mantenendo una corrente costante.
Anche i LED driver appesantiscono la lampada e la rendono più ingombrante.
Un chip LED a 220V
Negli ultimi mesi sono usciti in commercio chip LED funzionanti a 220V, questo perché, grazie alle nanotecnologie, viene costruito il driver direttamente sullo stesso chip dei LED eliminando di fatto uno dei componenti d'ingombro e semplificando di molto i futuri progetti illuminotecnici.
Resta comunque obbligatorio dissipare il calore prodotto dai chip LED.

martedì 12 giugno 2018

Costruire una powerbank

Sono ormai disponibili a prezzi bassissimi, alcune addirittura si ricaricano con un piccolo pannello solare, ma se voleste costruire in fai da te una piccola powerbank vi spiegherò come fare in questo post.
Bisognerà procurarsi solo un portapile per quattro batterie di tipo AA, ovvero le pile stilo, un cavetto con connettore USB maschio da un lato e micro USB maschio dall'altro e quattro pile stilo ricaricabili.
È possibile reperire tutto il metariale presso un negozio di componenti elettronici oppure, si può ordinare tutto online per pochi euro.
Pile e powerbank
Passando ora alla costruzione vera e propria, bisogna per prima cosa tagliare in due il cavo USB ed eliminare un pezzo di guaina da entrambi i lati tagliati, al suo interno si trovano quattro fili, i colori standard sono rosso, bianco, verde e nero, per costruire la nostra powerbank serviranno solo i cavetti rossi e neri che andranno leggermente spelati.
Ora basta attaccare i due fili neri dei connettori al filo nero del portapile e i fili rossi al rosso del portabile, inserendo le quattro stilo ricaricabili la powerbank è già funzionante.
Collegare l'USB ad un caricabatterie o ad un PC farà ricaricare le pile, mentre collegando uno smartphone al micro USB la carica passerà dalle pile al device.
Raccomando di usare solo pile stilo ricaricabili per due motivi:
1) le normali stilo alkaline danno 1,5V, per quattro batterie si raggiunge una tensione di 6V che può essere dannosa per gli smartphone che invece caricano a 5V, le stilo ricaricabili hanno invece una tensione di 1,2V
2) le stilo alkaline, appunto, non sono ricaricabili, queste potrebbero anche scoppiare una volta poste sotto carica e l'esplosione di una batteria generalmente fa un bel botto.
Volendo si può rendere la powerbank più bella inserendo il portapile in una scatolina di plastica e facendone uscire solo i cavi di ricarica.
Si può anche aumentarne la capacità collegando in pelarallelo (rosso con rosso e nero con nero) più di un portapile.
Infine, per rendere la powerbank più efficiente e sicura, la si può dotare di un piccolo modulo elettronico che segnali lo stato di carica delle pile.
Che dire, provate anche voi a costruirvi una powerbank!

domenica 6 maggio 2018

Le centrali termoelettriche

Esistono molti tipi di centrali elettriche, ma le più comuni sono probabilmente quelle termoelettriche.
Con questo nome non si indica in realtà una particolare centrale elettrica, ma bensì una "famiglia" di impianti di generazione i quali hanno alla base sempre lo stesso principio di funzionamento, si genera del calore che scalda una massa di acqua, da qui si genera a sua volta vapore a temperatura e pressione sufficientemente alti da attivare una turbina a vapore.
Simbolo di pericolo per tensione elettrica
Quello che distingue queste centrali è il metodo utilizzato per ottenere calore:
1) Le centrali termoelettriche per eccellenza, bruciano carbone, prodotti petroliferi o metano per ottenere calore.
2) Centrali termonucleari, sicuramente le più discusse per via dei danni provocati dai vari incidenti. Questi impianti, all'interno di un reattore nucleare, rompono il nucleo di alcuni materiali radioattivi come uranio o plutonio, così si libera una grande quantità di energia sotto forma di calore.
3) Centrali geotermiche, sfruttano sonde in profondità nel terreno per recuperare il calore della Terra.
4) Centrali a compostaggio di rifiuti biologici, in questa fase di recupero dei rifiuti si generano grandi quantità di gas metano utile per essere bruciato ed ottenere calore.
5) Termovalorizzatori, impianti che bruciano semplicemente i rifiuti per generare calore.
6) Concentratori solari, forse gli impianti meno conosciuti e meno diffusi per via dei vincoli costruttivi, sono formati da un grande specchio di forma parabolica che concentra i raggi solari di una superficie ampia in un unico punto chiamato fuoco, in questo punto passa la conduttura dell'acqua che viene così scaldata fino a trasformarsi in vapore.

mercoledì 2 maggio 2018

I trasformatori

I trasformatori sono componenti elettrici che modificano la tensione di rete, ovvero quella che arriva tramite l'impianto elettrico, per adattarla ad un altro dispositivo.
Dai caricabatterie degli smartphone alle lampadine a LED agli alimentatori dei PC, i trasformatori sono presenti ormai in tantissimi oggetti di uso quotidiano.

trasformatore di un caricabatterie per smartphone
Il funzionamento dei trasformatori è abbastanza semplice, al suo interno si trovano due circuiti fisicamente separati tra loro, il primario è quello collegato alla rete elettrica, mentre il secondario è quello che dà la tensione di uscita. I due circuiti sono formati da un filo di rame avvolto su se stesso in spire (l'insieme delle spire si chiama avvolgimento), fra i due circuiti cambia il numero di spire il cui rapporto è uguale a quello fra le tensioni di ingresso e di uscita. Fra gli avvolgimenti interni al trasformatore si forma un campo magnetico che permette il passaggio di elettroni da un circuito all'altro.
La regola che sta alla base di questi componenti è che la potenza deve rimanere inalterata, quindi il trasformatore, oltre che modificare la tensione, modifica anche la corrente così che il loro prodotto sia inalterato fra i due circuiti. Tensione e corrente sono inversamente proporzionali, questo significa che in uscita dal trasformatore si ha tensione piú bassa e corrente piú alta rispetto all'ingresso (per capire meglio questo concetto qui c'é un post che spiega la potenza elettrica).
Per fare un esempio pratico, il caricabatterie di uno smartphone ha un'uscita che funziona a 5V e 2A, la potenza del trasformatore é quindi di 10W e sapendo che la tensione fornita dalla rete é di 230V sul circuito primario si ha una corrente di circa 0,045A. Interessante vero?

mercoledì 18 ottobre 2017

Deviatori e Invertitori

Negli impianti elettrici moderni, le esigenze di accendere e spegnere una luce da diversi punti della casa sono la normalità. Nei corridoi, ad esempio, si installano almeno due comandi, uno da un lato e uno all'opposto. Nelle camere da letto invece si può installare un comando all'ingresso della stanza ed uno vicino al letto.
Ma come si scelgono i comandi da usare? E come si collegano?
I Deviatori
foto di deviatore bianco con cornice colorataSembrano identici agli interruttori (di cui parlo in questo post), ma la differenza sta nel funzionamento meccanico; mentre gli interruttori aprono e chiudono un circuito, i deviatori "deviano" da un circuito ad un altro.
Questi meccanismi servono per poter comandare una luce da due punti della casa, ma vanno sempre usati in coppia, ovvero entrambe i comandi della luce dovranno essere deviatori.
Inoltre a differenza degli interruttori, nella parte posteriore presentano tre morsetti e non solo due.
Ecco come vanno collegati; intanto anche i deviatori agiscono solo sulla fase (marronenero o grigio), per collegare correttamente i deviatori bisogna prendere la fase che arriva dalla lampadina e collegarla al morsetto centrale posto dietro al deviatore, dagli altri due morsetti più esterni devono partire altri due fili che andranno agli stessi morsetti del secondo deviatore e per finire, al morsetto centrale del secondo deviatore andrà collegata la fase che arriva dall'impianto già esistente.
Gli Invertitori
Vengono usati insieme ai deviatori e servono per comandare una luce da tre punti della casa. Nella parte posteriore presentano quattro morsetti e schematicamente vanno posti in mezzo ai due deviatori.
Il loro collegamento è semplice, i due fili che partono dai morsetti esterni del primo deviatore andranno prima ai due morsetti di un lato dell'invertitore, mentre dagli altri due morsetti partono i due fili che vanno al secondo deviatore.

martedì 17 ottobre 2017

Gli interruttori

Gli Interruttori
Sono comandi semplici, si usano per accendere e spegnere la luce da un solo punto. Il loro funzionamento è semplice, aprono o chiudono meccanicamente un circuito.
Gli interruttori si collegano solo sulla fase (linea) e hanno solo due morsetti, su uno, indifferente quale dei due, si collega il filo che arriva dalla lampadina e l'altro filo sull'altro morsetto.
Dunque, mentre il filo di terra (giallo/verde) e il neutro (blu) vanno direttamente alla lampadina, la fase (marrone, grigio o nero) passa per l'interruttore.
foto di interruttore bianco con cornice colorataEsistono interruttori detti bipolari, hanno la particolarità di agire contemporaneamente sia sulla fase che sul neutro e infatti sul retro presentano quattro morsetti. Si usano solitamente per comandare prese alle quali si attaccano elettrodomestici quali scaldabagno, frigoriferi, lavatrici, ecc. Gli interruttori bipolari si riconoscono, oltre che per il numero di morsetti, quattro anzi che due, per avere l'indicazione 0/1 sul tasto.
I due produttori più conosciuti in Italia per questi compnenti sono bTicino e Vimar